16 – 24 marzo
La ricerca artistica di
Questo lo spunto da cui ha preso forma il testo di
OGNI VOLTA CHE TORNO di MARINA VAGNONI
Ogni volta che torno, e da lontano vedo quel tetto pieno di buchi che si avvicina, ho la sensazione di entrare in un ricamo. Mi ci avvento dentro, e respiro gli odori.
Gli altri mi aspettano: mi hanno avvistato già da un certo tempo, e si rilanciano strombazzando la notizia della mia venuta.
O anche non mi aspettano: qualcuno ha occupato il mio angolo, e devo vagare per un bel po’ elemosinando asilo, finchè uno mosso a pietà non si decide a farmi posto accanto a sé.
Certo ne siamo proprio tanti! Ma tanti davvero. A volte la terra pare che si muova per il calpestìo dei nostri piedi. A volte quasi mi spavento nel vedere una forma simile alla mia, troppo simile, quasi mi vedessi in uno specchio.
L’ultima volta non volevo proprio partire: raramente a casa si era respirata un’aria così distesa, calorosa. Sarà che molti erano in viaggio, e di spazio ce n’era tanto. Si canticchiavano vecchie strofe, dalle frasi oscure: cieli che si chiudono, ricami e tele, caldo, gelo.
Ho raccolto minuscoli fiori da sistemare in un angolino del mio cubicolo, e altre piccole cose per chi si mostrerà tanto pietoso da farmi posto, dopo, nel caso non dovesse più essercene per me.
Mi riempio gli occhi di immagini e mi impregno di odori, da offrire in dono a chi mi avrà aspettato.
Stavo pensando a come potrebbe il cielo chiudersi davvero. Che da qualche parte possa sbucare un telo, e coprire tutto? Che possa ricoprire il mio buco così da impedirmi di uscirne mai più?
Il che forse non sarebbe tanto male: passare tutto il resto del tempo a canticchiare, punzecchiarsi, dormire, godere, annoiarsi, senza più la seccatura di dover raccogliere gli stracci di tanto in tanto e partire.
Non dover mai più lasciare la tana, il suo calore accogliente…
Strana figurazione. Non l’avevo mai pensato. Allettante, però.
Dormire, e poi dormire…
Ma che pensieri stupidi. Chi sarebbe mai tanto grande da poter ricoprire il cielo con un telone? Da poter chiudere tutti i buchi del mio tetto ricamato? Forse Lui, il Grande, che tutto dà e tutto toglie? Lui potrebbe, sì. E lo farebbe, anche.
Questo sole di stamattina è una gioia. Vorrei raggiungerlo solo per confessargli il mio amore.
Però, mentre ti fa ardere così, mentre ti sfiora e ti riscalda e ti rimescola, pian piano diventa lui stesso ardente come brace, e sembra che ti arrostisca, che voglia farsi forte delle tue ceneri.
E qualcuno dice che la griglia sia il destino naturale di tutti noi. Sarà vero? Mah…Farà male? Chissà...
Se penso a tutta la distanza che ora mi separa da casa. Alla fatica immane che dovrò fare per ricolmarla. Alla spossatezza di tutto il corpo quando la meta è ormai vicina, ma non tanto ancora da poterla vedere, ed è solo un sentore.
Quando lei comincia a chiamare da lontano, il vento che mi scorre addosso mi dà slancio invece di frenarmi;
e l’aria diversa, gli odori sconosciuti, i suoni variegati e misteriosi che arrivano ogni tanto non danno più la stessa fascinazione di prima. Sentirsi estranei e soli va bene, ma non per troppo tempo.
Comunque, so che lo sforzo che faccio lo sentirò tutto, e lo pagherò tutto, proprio quando comincerò a sentirla l’aria di casa.
E lo pagherò ancora più caro se non potrò trovare libero il mio cantuccio.
E se nessuno volesse più farmi posto, allora sì che sarà dura...
Mi viene da pensare che, se riuscirò a rientrare nel mio buco, non ne uscirò mai più.
Forse è quello che voglio, per giunta.
Ho una tale voglia di dormire…
Ho un tale desiderio di arrivare, che se anche la condizione fosse questa, non esiterei ad accettare; ora che temo che l’aria non mi sostenga abbastanza fino alla fine, non ho il minimo dubbio.
E anche se sembra una cosa senza senso, non so se vedo un ricamo o una tela.
Ascolto le voci.
ENGLISH VERSION
16 – 24 MARCH
This is the starting point for Marina Vagnoni’s text, Everytime I come back, which presents exhibition. This young philosophy senior year student helps us to imagine a complex world of relationships, similar to the human’s: a world that comes to life in a small pidgeon-house cells’space placed on an urban terrace.
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