martedì 25 marzo 2008

ROOM 1 / LUCA MATTEI - CARLOTTA SENNATO 16 - 24 marzo


16 – 24 marzo

Luca Mattei / Carlotta Sennato

OPENING DOMENICA 16 MARZO ORE 18.00

La ricerca artistica di Luca Mattei e Carlotta Sennato avviene separatamente, ma alle volte segue un tragitto comune che, come in questo caso, porta a dedicare la loro attenzione ad una realtà appartata, isolata, un mondo circoscritto con le sue regole e le sue leggi. L’installazione – Senza titolo, 2008 – è un’opera il cui punto di partenza, soprattutto intellettuale, è la fotografia. La fotografia quale attitudine e strumento a disposizione della narrazione, così come il video, altra forma di racconto che spesso ricorre nel lavoro dei due artisti. Raccontare del piccione viaggiatore, dove vive, da dove parte, racchiude in sé infinite possibilità d’interpretazione, di metafora, di altri possibili scenari. Un’analisi delicata ma al contempo intensa che pare descrivere la storia personale dei singoli protagonisti, dando ad ognuno di loro la possibilità di essere per una volta unici, di distinguersi dalla massa.

Questo lo spunto da cui ha preso forma il testo di Marina Vagnoni, Ogni volta che torno, che accompagna la mostra. La giovane studentessa di filosofia ci lascia immaginare un mondo di relazioni complesso, paragonabile a quello umano, che prende vita nello spazio ridotto delle cellette di una piccionaia, sul terrazzo di una metropoli.

OGNI VOLTA CHE TORNO di MARINA VAGNONI

Ogni volta che torno, e da lontano vedo quel tetto pieno di buchi che si avvicina, ho la sensazione di entrare in un ricamo. Mi ci avvento dentro, e respiro gli odori.

Gli altri mi aspettano: mi hanno avvistato già da un certo tempo, e si rilanciano strombazzando la notizia della mia venuta.

O anche non mi aspettano: qualcuno ha occupato il mio angolo, e devo vagare per un bel po’ elemosinando asilo, finchè uno mosso a pietà non si decide a farmi posto accanto a sé.

Certo ne siamo proprio tanti! Ma tanti davvero. A volte la terra pare che si muova per il calpestìo dei nostri piedi. A volte quasi mi spavento nel vedere una forma simile alla mia, troppo simile, quasi mi vedessi in uno specchio.

L’ultima volta non volevo proprio partire: raramente a casa si era respirata un’aria così distesa, calorosa. Sarà che molti erano in viaggio, e di spazio ce n’era tanto. Si canticchiavano vecchie strofe, dalle frasi oscure: cieli che si chiudono, ricami e tele, caldo, gelo.

Ho raccolto minuscoli fiori da sistemare in un angolino del mio cubicolo, e altre piccole cose per chi si mostrerà tanto pietoso da farmi posto, dopo, nel caso non dovesse più essercene per me.

Mi riempio gli occhi di immagini e mi impregno di odori, da offrire in dono a chi mi avrà aspettato.

Stavo pensando a come potrebbe il cielo chiudersi davvero. Che da qualche parte possa sbucare un telo, e coprire tutto? Che possa ricoprire il mio buco così da impedirmi di uscirne mai più?

Il che forse non sarebbe tanto male: passare tutto il resto del tempo a canticchiare, punzecchiarsi, dormire, godere, annoiarsi, senza più la seccatura di dover raccogliere gli stracci di tanto in tanto e partire.

Non dover mai più lasciare la tana, il suo calore accogliente…

Strana figurazione. Non l’avevo mai pensato. Allettante, però.

Dormire, e poi dormire…

Ma che pensieri stupidi. Chi sarebbe mai tanto grande da poter ricoprire il cielo con un telone? Da poter chiudere tutti i buchi del mio tetto ricamato? Forse Lui, il Grande, che tutto dà e tutto toglie? Lui potrebbe, sì. E lo farebbe, anche.

Questo sole di stamattina è una gioia. Vorrei raggiungerlo solo per confessargli il mio amore.

Però, mentre ti fa ardere così, mentre ti sfiora e ti riscalda e ti rimescola, pian piano diventa lui stesso ardente come brace, e sembra che ti arrostisca, che voglia farsi forte delle tue ceneri.

E qualcuno dice che la griglia sia il destino naturale di tutti noi. Sarà vero? Mah…Farà male? Chissà...

Se penso a tutta la distanza che ora mi separa da casa. Alla fatica immane che dovrò fare per ricolmarla. Alla spossatezza di tutto il corpo quando la meta è ormai vicina, ma non tanto ancora da poterla vedere, ed è solo un sentore.

Quando lei comincia a chiamare da lontano, il vento che mi scorre addosso mi dà slancio invece di frenarmi;

e l’aria diversa, gli odori sconosciuti, i suoni variegati e misteriosi che arrivano ogni tanto non danno più la stessa fascinazione di prima. Sentirsi estranei e soli va bene, ma non per troppo tempo.

Comunque, so che lo sforzo che faccio lo sentirò tutto, e lo pagherò tutto, proprio quando comincerò a sentirla l’aria di casa.

E lo pagherò ancora più caro se non potrò trovare libero il mio cantuccio.

E se nessuno volesse più farmi posto, allora sì che sarà dura...

Mi viene da pensare che, se riuscirò a rientrare nel mio buco, non ne uscirò mai più.

Forse è quello che voglio, per giunta.

Ho una tale voglia di dormire…

Ho un tale desiderio di arrivare, che se anche la condizione fosse questa, non esiterei ad accettare; ora che temo che l’aria non mi sostenga abbastanza fino alla fine, non ho il minimo dubbio.

E anche se sembra una cosa senza senso, non so se vedo un ricamo o una tela.

Ascolto le voci.


ENGLISH VERSION

16 – 24 MARCH

LUCA MATTEI / CARLOTTA SENNATO


OPENING SUNDAY 16th of MARCH 6.00 p.m.

Luca Mattei and Carlotta Sennato developed their artistic research separately. Sometimes, though, a common thread is found, which pushes towards focusing on secluded, isolated reality, like a sealed-off world with its rules and laws. The installation – Untitled, 2008 – is a work whose starting point is photography. Photography as an aptitude and a tool at the service of narration. Narrating about homing pigeons - where they live, where they depart from, lends itself to countless interpretations, metaphors, and other possible scenarios. A deep but delicate analysis that seems to trace the personal history of the main characters, offering them the chance to be unique for once and to stand out of the crowd.

This is the starting point for Marina Vagnoni’s text, Everytime I come back, which presents exhibition. This young philosophy senior year student helps us to imagine a complex world of relationships, similar to the human’s: a world that comes to life in a small pidgeon-house cells’space placed on an urban terrace.

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