sabato 17 maggio 2008

CLASSROOM #1 - workshop a cura di SALVATORE LACAGNINA


A partire dal 15 maggio fino al 2 giugno 2008 il Museo MADRE ospita il workshop Classroom #1, a cura di Salvatore Lacagnina - curatore indipendente, già direttore della Galleria Civica di Arte Contemporanea di Siracusa - con Gigiotto Del Vecchio e Stefania Palumbo, curatori della Project Room, con il contributo organizzativo di Francesca Boenzi, curatrice indipendente e responsabile del progetto Exposito – Osservatorio Giovani Artisti Napoli.

Inserito nella programmazione della Project Room del Museo, il workshop vede la partecipazione di giovani artisti napoletani e ricercatori di altre discipline: Francesco Bordo, Celesta Bufano, Christian Carrozza, Danilo Correale, Christian Costa, Giulio Delvè, Federico Del Vecchio, Maria Adele Del Vecchio, Corrado Folinea, Alberta Laurentino, Domenico Antonio Mancini, Luca Mattei, Ventina Miorandi, Moio e Sivelli, Pasquale Pennacchio e Marisa Argentato, Carlotta Sennato, Annamaria Tammaro, Eugenio TIbaldi.

Partendo dai presupposti di apertura e scambio di conoscenze tra diversi campi che sono alla base delle produzioni di cultura contemporanea, il workshop è fondato sul concetto di traduzione.

Il progetto nasce dalla constatazione semplice ma inequivocabile che l’idea di traduzione si è negli ultimi anni spostata e allargata: da stretto ambito di passaggio tra codici linguistici diversi, a fondamento di ogni percorso conoscitivo che si confronti consapevolmente con la società e le infinite possibilità di rappresentazione e approcci conoscitivi e interdisciplinari. Attraverso il coinvolgimento di rappresentanti di varie discipline e ambiti di ricerca – dall’arte alla filosofia, alla sociologia, al teatro – si analizzeranno le problematiche relative al passaggio tra codici espressivi diversi e alla realizzazione di una comunicazione efficace e responsabile. Si indagheranno, dunque, le modalità con cui un sociologo può utilizzare gli strumenti dell’arte, l’arte può diventare strumento di lettura dei fenomeni sociali e incidere sull’azione politica, la scienza può essere tradotta dall’arte in valori simbolici.

Il workshop si articolerà in una serie di lezioni-incontro con visiting professor nazionali e internazionali, curatori e artisti, attori di teatro, professori di fisica, di filosofia, di linguistica, storici dell’arte. Sono previsti incontri con Bianco Valente, Rossella Bonito Oliva, Gennaro Carillo, Adam Szymczyk, Alberto Manco, Flavia Mastrella e Antonio Rezza, Diego Perrone e Lily Reynaud-Dewar, Giulia Piscitelli, Alessandro Rabottini, Peter Saville, Marinella Senatore, Padraig Timoney.

Saranno messi a disposizione dei partecipanti una serie di spazi all’interno del museo da utilizzare come studio durante lo svolgimento dei lavori. Al termine delle tre settimane di workshop sarà allestita negli spazi del museo MADRE, una mostra che raccoglierà i risultati delle discussioni e delle riflessioni sviluppate nel corso delle settimane precedenti.

ENGLISH VERSION

From May 15 to June 2, 2008 the Madre Museum will host the workshop Classroom #1. The workshop will be included in the schedule of the Museum’s Project Room and will be open to young Neapolitan artists and researchers of other disciplines. It will be curated by Salvatore Lacagnina – independent curator, former director of the Civic Gallery of Contemporary Art in Syracuse – in collaboration with Gigiotto Del Vecchio and Stefania Palumbo, curators of the Project Room, with the contribution and organizational support of Francesca Boenzi, independent curator and person in charge of the project: Exposito – Young Artists Observatory Naples.

Given the openness and exchange of knowledge that lay at the basis of contemporary culture, the workshop will be based on the concept of translation.

The project takes its cue from the simple and unmistakable realization that in the past few years the idea of translation has changed and somewhat enlarged its scope: from being a mere passage from one linguistic code to another, to being the foundation of any cognitive process that deliberately confronts itself with the society and the countless possibilities of representation and of cognitive and interdisciplinary approaches. By involving representatives of various disciplines and fields of research – arts, philosophy, sociology, poetry, history, theatre – the workshop will analyze the issues related to the passage between different expressive codes and to the development of an efficient and reliable communication. We will see how a sociologist can use the tools of art, how art can become a key to interpret social phenomena and affect political action, and how science can be translated into symbolical values by art.

The workshop will be organized into a series of lectures-meetings held by visiting professors from Italy and abroad, theatre actors, teachers of physics and of philosophy, art historians, sociologists, literary critics, and poets. During the workshop the artists will have a space available in the Museum to use as a studio. At the end of the three-week works the MADRE Museum will mount an exhibition that will display the results of the discussions developed during the workshop.


venerdì 25 aprile 2008

ROOM 4 / CELESTA BUFANO 27 aprile - 5 maggio


27 APRILE – 5 MAGGIO

CELESTA BUFANO

OPENING DOMENICA 27 APRILE ORE 18.00

Per l’ultima mostra del progetto Four Rooms lo spazio dedicato del museo si trasforma nella “Living Room” – installazione site specific, 2008 – di Celesta Bufano (Napoli, 1984), uno spazio personale animato da immagini e colori che provengono direttamente dal mondo e dalla storia dell’artista. La trasposizione fisica di quella che è la scatola magica di Celesta, dove ogni cosa, ogni oggetto, immagine o pensiero si trasforma in una possibilità artistica, un’esperienza che porta con sé le mille suggestioni e testimonianze dei viaggi che hanno portato Celesta Bufano in giro per il mondo. Il viaggio come amplificazione estrema del concetto di movimento, di dinamismo, così come del concetto di conoscenza dell’altro, di ciò che non si può semplicemente spiegare, ma si deve vivere, sulla propria pelle. In questo senso è arte di strada che si trasforma nei tanti segni trovati nei luoghi più diversi, che parlano delle persone più diverse e compongono la visione caleidoscopica della vita, propria dell’artista; un luogo dove stare e dove tornare, un punto fisso nella sua geografia rotolante. Memorie composte come codici da interpretare, come luoghi da scoprire.

Una composizione al ritmo dei canti delle donne africane quella realizzata da Fortuna Del Prete, un modo per provare a entrare nel mondo vorticoso dell’artista e provare a fermarlo per un attimo raccontandoci cosa è riuscita a scorgere leggendo i suoi pensieri che vanno al contrario.

…TRA SOFFOCAMENTI E PRESE D’ARIA… di FORTUNA DEL PRETE

…Mi vidi costretta a sedere sul divano pulito, rammendato con arazzi meravigliosi. Colpirono gli occhi di tutti. E poi la musica era favolosa. Favolosa etnica popolare radicale viscerale povera.

Tutto pieno, una stanza. Una stanza un giardino un paradiso. Il Paradiso dei Pochi. Ma popolare. Entrare in uno spazio e riempirlo tutto, di luci, di colori, di fogli, carte pennelli foto bambole presente passato scrivania computer….ahhhhhh…bello…ma mi soffoca.

Disagio. Troppo pieno. Troppo tutto. Troppo.

Hai un paradiso. Hai la terra. Hai uno sguardo panoramico. Un terzo occhio. E movimenti che danno l’idea di un perenne stato d’eccezione. Foto. Stop. Foto. Stop.

Dietro la casa che ci sarà? Dietro la stanza che ci sarà? Ci sarà un dietro? Si si si. Togliti le scarpe, vai con i piedi nella terra bagnata fertilizzata pesante. Che tiene i piedi legati, il corpo immobilizzato. A pensarci bene, resterei qui, in questo paradiso. Sembra una pazzia, ritagliarsi una stanza, una stanza tutta per sé, fuori dal tempo. Dove il pane lo faccio con le mani e l’odore dei mandarini e dei limoni e del basilico mi inebria. Assuefatta tanto quasi da dover scappare. Magari dietro un albero o sopra un albero, sentire la bellezza di un solo momento e la sua precarietà.

Per poi cadere.

La corda era troppo allentata, il gioco non è andato molto bene. Il rischio è stato troppo. Potevo farmi male. Naaaa. Il terreno è bagnato, pieno d’acqua, la terra mi avrebbe trattenuta mi avrebbe cullato. “Ogni posto è come casa”, in fondo, o forse è una nuova casa. Ti ci vuole sempre un po’ di tempo per abituarti agli odori delle case. Casa, dolce casa. Sento odore di casa, questa maglia sa di casa, mmm…il cibo. Casa. Familiarità. Ricercarla nei gesti degli altri e negli sguardi dell’altro che ti sfiora mentre arriva dalla direzione opposta alla tua, stesso lato, stesso passo, di chi si incontra negli “spostamenti”. Torni a casa. La casa, la tua casa. Dove c’è la stanza. Un falso disordine, una regola da comporre. Confondo e sovrappongo. Mi diverto. A metà tra un album fotografico tridimensionale e immagini immaginate archiviate ma esposte. Sarà questo fumo, o forse una volontà di ricostruire sempre un viaggio mentale e di restituirlo a chi mi viene a trovare in questo angolo di paradiso. Io ti invito sai, ti faccio rotolare tra le mura della stanza e inventare tutto di nuovo, da capo, ti lascio creare il tempo del tuo viaggio, ti porto per mano nelle allucinazioni del viaggio.

Se vuoi, ho un po’ di musica…

Duerme, duerme negrito

Que tu mama estas nel campo, negrito

…trabajando, trabajando duramente

Trabajando si

Trabajando e no le pagan…

Por negrito chiquitito, por negrito si

Apumba chicapumba chicapum

Ogni viaggio è guidato da una melodia primordiale, come lo sfondo della ricerca e della sperimentazione, della creazione più immediata. Scandisce il ritmo delle azioni, dà un senso ai pensieri e alle emozioni. Il cammino esperenziale soggettivo ha una forte attrazione per quello che sta aldilà, ma si nutre, in una forma quasi primitiva, di quello che è stato, che non abbiamo conosciuto a fondo e solo annusato. Il piacere di partire dall’immaginazione, di decostruire formule di vita comune, continuamente stare nel gioco della vita, nel giogo emotivo della vita, sul filo dell’acrobata, sulla terra degli uomini, tra soffocamenti e prese d’aria, tra gli e – e e gli o – o.

Intravedere l’orizzonte e arrivarci.

Ieri sera sono caduta dalla bicicletta. Mi sono sbucciata i gomiti e graffiata il naso, le mani stavano bene, solo un po’ arrossate. La mia casa era lontana. Le gambe non mi reggevano un granché.

Ieri sera sono andata a letto tardi. Ho perso Tempo.

E’ che stavo rotolando nelle forme colorate dei miei occhi chiusi.

ENGLISH VERSION

27 APRIL – 5 MAY

CELESTA BUFANO

OPENING SUNDAY 27th of APRIL 6.00 p.m.

For the last show of the Four Rooms project the dedicated space of the museum is turned into a “Living Room” – the site-specific installation created in 2008 by Celesta Bufano (Naples, 1984), a personal space animated by images and colours belonging to the artist’s world and history.

The physical transposition of Celesta’s magic box, where everything, every object, image or thought is turned into a form of art, an experience that carries with itself the countless fascinations and stories collected by Celesta Bufano during her journeys around the world. The journey is seen as an extreme exaggeration of the concept of movement, dynamism, just like the concept of knowing the other, that which cannot be explained but needs to be experienced in the first person. In this respect hers is street art that turns itself into numerous marks found in different places, that tell of different people and make up the kaleidoscopic vision of life, typical of the artist; a place to stay and to go back to, a permanent point in her rolling geography. Memories that are formed like codes to be interpreted, like places to be discovered.

Fortuna Del Prete’s composition has the rhythm of African women’s songs. She tries to get into the artist’s whirling world and stop it for a moment so as to tell us what she saw reading her thoughts that go backwards.

…AMONG SUFFOCATING OBSTRUCTIONS AND AIR OUTLETS…

by FORTUNA DEL PRETE

…I had no choice but to sit on the clean sofa, darned with wonderful tapestry. It drew everyone’s attention. And the music was fantastic. Fantastic ethnic popular radical visceral poor.

The room was packed. A room a garden a paradise. The Paradise of the Few. But a popular one. Getting into a space and filling it completely, with lights, colours, sheets, papers brushes pictures dolls present past desk computer..... ahhhhhh….it’s so beautiful....but it suffocates me.

Unease. It’s too full. Too much everything. Too much.

You have Paradise. You have Earth. You have a panoramic outlook. A third eye. And movements that make one think of a perpetual state of exception. Picture. Stop. Picture. Stop.

What is there behind the house? What is there behind the room? Is there a behind? Yes yes yes. Take off your shoes, put your feet into the wet fertilized heavy earth. Which binds your feet and immobilizes your body. Come to think of it, I would stay here, in this paradise. It seems foolish, carving out a room, a room of my own, out of time. Where I make bread with my hands and the smell of tangerines and lemons and basil inebriates me. I become so inured that I almost want to run away. Maybe behind a tree or on a tree, feeling the beauty of one single moment and its precariousness.

And then falling down.

The rope was too loose, the game didn’t work well. The risk was too high. I could have got hurt. Naaay. The ground is wet, full of water, the earth would have held me back, cradled me. “Every place is like home”, after all, or maybe it is a new home. It always takes some time to get accustomed to the smells of the houses. Home sweet home. I can smell home, this sweater smells home...mmmhhh...the food. Home. Cosiness. You look for it in other people’s gestures, in the look of the other person coming from the opposite direction and almost touching you, same side, same pace. You go back home. Your home. Where your room is. A mess that is not a real mess, but rather a rule to be created. I scramble and overlay. It’s fun. Halfway between a 3D photo album and imagined imageries, archived yet shown. It’s probably because of this smoke, or maybe it is an attempt to trace a mental journey and to show it to those who come and see me in this corner of paradise. You’re invited, too. I’ll make you roll between the walls of the room and I’ll let you re-invent everything, from scratch, I’ll let you create the time of your journey, I’ll take you by the hand through the hallucinations of the journey.

If you want, I’ll put some music on...

Duerme, duerme negrito

Que tu mama estas nel campo, negrito

…trabajando, trabajando duramente

Trabajando si

Trabajando e no le pagan…

Por negrito chiquitito, por negrito si

Apumba chicapumba chicapum

Every journey is driven by a primordial melody, like the background of research and experimentation, of the most immediate creation. It sets the pace of actions, makes sense of thoughts and emotions. The experiential path of the self longs for what is beyond, but – quite primitively - it feeds on what has already been, on what we couldn’t get to know in deep and of what we just had a glimpse. The pleasure of starting from imagination, of deconstructing common lifestyles, always playing the game of life, through the emotional yoke of life, on the acrobat’s tightrope, on men’s earth, among suffocating obstructions and air outlets.

Catching a glimpse of the horizon and getting there.

Yesterday night I fell from the bicycle. I skinned my elbows and scratched my nose, my hands were fine, just a little reddened. I was far from home. My legs could hardly carry me any longer.

Yesterday I had a late night. I wasted Time.

I was rolling in the colourful shapes of my closed eyes.

venerdì 11 aprile 2008

ROOM 3 / CORRADO FOLINEA 13 - 21 aprile


13 – 21 APRILE

CORRADO FOLINEA

OPENING DOMENICA 13 APRILE ORE 18.00

Il lavoro di Corrado Folinea, seppure si mostri secondo canoni estetici propri dell’arte concettuale - installazioni minime e piccoli gesti compositivi - conserva al suo interno un’importante carica narrativa e metaforica. Ideali quali conoscenza, analisi, appropriazione, si manifestano attraverso interventi in cui disegno, fotografia, video, installazioni compongono la rosa di possibilità espressive utilizzate dall’artista. Un enorme fascio di cozze può essere significante di tanto; immobilità, un certo parassitismo, l’assimilazione, il nutrimento continuo. Un’installazione in cui la presenza di altri importanti dettagli sottolinea che l’insieme degli elementi è il fattore che costruisce ma che può anche annullare definitivamente il racconto di una storia. Sebbene Corrado Folinea tenda al racconto allo stesso modo cerca di non svelare troppo, di restituire apertura all’opera e possibilità allo spettatore. Così un suono indefinito suggerisce le ovattate profondità marine e un’immagine proveniente dalla serie “Black Paintings”, le oscure possibilità della visione.

Lo spunto filosofico che questi vari elementi possono suggerire è il tema che caratterizza il testo di Christian Carrozza “Immersi in questo cielo”. La sua riflessione parte dalla figura suggeritagli dall’uomo come guscio vuoto, parassita di questa vita che ha difficoltà a ritrovare la giusta consapevolezza di sé e delle sue sacre potenzialità.

IMMERSI IN QUESTO CIELO di CHRISTIAN CARROZZA

Nauseabondo agglomerato, fragili molluschi avvolti da un guscio oscuro simile ad una notte senza alba, una notte senza un domani, di cosa sto parlando? Dell’ Uomo ovviamente.

Divisi ognuno nel proprio guscio, vagabondi ciascuno nel proprio mondo, eppure, misteriosamente uniti, aggrappati disperatamente l’uno all’altro, l’uno sull’altro, l’uno contro l’altro! E’ il dilemma dell’ Uomo che dentro di sé porta la natura di tutte le cose… ma lui, una sua, ancora non la possiede… allora cresce aggrappandosi dove e come può.

Lotta per la sopravvivenza, solo questo? Allora no!... non c’è un domani! Eppure dentro il guscio, dentro le nostre carni qualcosa ruggisce senza voce, è l’ anima… la bestia che brama amore nelle viscere dell’ Uomo.

E’ un essere formato nel caos (…) se ne sta solo, inalterabile

Circolando ovunque senza esaurirsi

(Laozi XXV)

Stolto è l’ Uomo che ha seppellito il suo cuore tra le fauci della bestia, egli non è altro che un guscio vuoto. Che invano, avidamente, stringe una vita che non è tale. E all’ombra di sé aspetta in modo furbo e servile la sua preda, levandosi alla sera la sua maschera da Uomo.

Conforto credi di trovare nella notte del cuore?

Ascolta, rifletti, la domanda è più importante della risposta.

Siamo convinti davvero che questa carne menzognera che ci avvolge sia la realtà? Quanto di più falso? E solo… che non vogliamo vedere, e solo… che non vogliamo ascoltare la verità che agogna la nostra estinzione. E dormiamo imprigionati in questo guscio di carni ,dove… esistendo e basta, viviamo nei pressi di noi sognando, un giorno, di uscire a giocare. L’unica certezza che rimane è la coscienza dell’impotenza… a ben ragione ,allora , distogliamo lo sguardo incarnando l’effimero. E dentro irrimediabilmente qualcosa si spegne, e mai più si sveglia.

Torna al vero tempo,

alza lo sguardo, respira… sei vivo

che ne farai di te?

Solo tu puoi deciderlo

Immersi in questo mare chiamato cielo, l’Uomo percorre il suo tempo cercandosi senza mai trovarsi. Cerca il suo dono, il suo talento, ma non lo trova, non lo vede poiché su di esso egli si siede. Il falso tempo scorre… e lassù, oltre il mare nulla appare.

Siamo convinti che questo guscio sia il fine… il prodotto terminale, ma esiste la possibilità, seppur remota, che esso sia solo un mezzo… è una consapevolezza profonda, silenziosa… se l’ Uomo non spezza il guscio prima del tempo morirà senza essere mai nato. Per una seconda volta l’uomo uscirà dalle acque. Spezzate il guscio di questo mondo prima del ritorno del grande Pescatore, altrimenti… poveri gusci mai esistiti… sperate di avere almeno un buon sapore.

ENGLISH VERSION

13 – 21 APRIL

CORRADO FOLINEA

OPENING SUNDAY THE 13th of APRIL 6.00 p.m.

Although it follows the aesthetic canons of conceptual art - minimal installations and small compositions - Corrado Folinea’s work has a strong narrative and metaphorical power. Ideals such as knowledge, analysis, appropriation are attained through the artist’s wide range of expressive possibilities: drawings, photography, videos, installations.

A huge bunch of mussels can mean a lot of things: immobility, a certain parasitism, assimilation, continuous nourishment. In this installation the presence of other important details shows that all the elements together can reveal a story, but also conceal it for good.

Corrado Folinea tends to reveal, but at the same time he tries not to reveal too much, to leave space for an open interpretation of the work by the spectator. In fact he uses an indefinite sound to evoke the muffled sea depths and an image drawn from the “Black Paintings” series to conjure up the obscure possibilities of the vision.

The philosophical cue offered by these various elements is the theme that pervades Christian Carrozza’s text “Immersed in this sky”. In it Man is compared to an empty shell, a parasite in this life who finds it hard to regain awareness of himself and his potentials.

IMMERSED IN THIS SKY by Christian Carrozza

Nauseating agglomerates, fragile molluscs wrapped in a dark shell like a night without dawn, a night without tomorrow - what am I talking about? Men, of course.

Each closed in his own shell, wanderers in their own worlds, and yet something mysteriously unites them, they desperately hold on to one another, one above the other, one against the other! This is the Man’s dilemma... he has the nature of all things inside of himself, but he hasn’t got a nature of his own yet... then, he grows up hanging on to what he can.

Fight for survival, is this what it’s all about? If so....there’s no tomorrow! Yet, inside the shell, inside our flesh something roars voicelessly: it is our soul.... the beast craving for love in the bowels of Man.

It is a thing formed in chaos (…) it stands alone and never changes

It pervades everywhere and never becomes exhausted

(Laozi XXV)

Foolish is the Man who buried his heart into the jaws of the beast, he is nothing but an empty shell. He eagerly holds on to a life that is not a life. And in the shadow of himself he cleverly and servilely awaits his prey, and drops his Man’s disguise at night.

Do you think the night of your heart will bring you comfort?

Listen, think, the question is more important than the answer.

Do we really believe that this untruthful flesh that envelops us is the reality? How false! The thing is...we just don’t want to see, we just don’t want to listen to the truth that yearns for our extinction. And so we sleep, trapped in this flesh shell, where we just exist and nothing else, dreaming that one day we will go out and play.

The only certainty we’re left with is the awareness of our powerlessness.... we then avert our gaze and embody the ephemeral. And something inside fatally dies off and never comes to life anymore.

Go back to the real time,

raise your eyes, breathe… you’re alive

what will you make of yourself?

Only you can decide it

Immersed in this sea that they call sky, Man goes through his time looking for himself and never succeeding. He looks for his gift, his talent, but he can’t find it, he can’t see it because he is sitting on it. The false time passes by... and up there, beyond the sea, nothing appears.

We’re convinced that this shell is the terminus... the end product, but there is an off-chance that it is just a medium... it is a deep, silent awareness... if Man doesn’t break the shell before time, he will die without ever being born. For the second time Man will come out of waters. Break the shell of this world before the great Fisherman returns, otherwise... poor never-existed shell ... just hope you taste good at least.

martedì 25 marzo 2008

ROOM 2 / GIULIO DELVÈ 30 marzo - 7 aprile


30 MARZO – 7 APRILE

GIULIO DELVÈ

OPENING DOMENICA 30 MARZO ORE 18.00

La serie “Tumbleweed” (termine inglese usato nelle comunicazioni radio militari per esprimere richiesta di informazioni nel caso in cui si dia una scarsa consapevolezza della situazione), che rappresenta il primo corpo maturo di lavori di Giulio Delvè, si sviluppa sulla base di un interesse generale dell’artista per la meccanica, per i dispositivi interessanti, meccanismi da studiare e da riprodurre, da egli stesso assemblati, ai quali affida, in alcuni casi, anche la riproduzione artificiale di movimenti e suoni elementari che l’artista stesso non riesce a compiere naturalmente. Per Giulio Delvè la “macchina” ha ancora un’anima analogica, semplice nella sua complessa articolazione. L’esigenza quindi di capire, di reagire alla potenza distruttrice della tecnologia elevata alla sua estrema potenza è espressa in un gesto immediato e preciso: quelli che dovrebbero essere efficienti mezzi da guerra, diventano delle sagome imbalsamate, immobilizzate da una semplice garza che ne blocca i movimenti e ne benda la memoria. Il video – Untitled (Tumbleweed series), 2007 – smaschera l’impotenza, la follia della tecnica al servizio della forza bellica; il lamento ripetuto di un maniaco imbrigliato in camicia di forza.

Il testo di Flora Visca, che accompagna la mostra, analizza quello che potrebbe definirsi lo stato mentale dell’uomo dopo l’avvento della tecnologia imperante. Un’analisi in prima persona delle implicazioni etiche prodotte dalla “macchina” e dal suo iniquo utilizzo.

NESSUNA OMBRA OLTRE LA MIA di FLORA VISCA

Tumbleweed è l’eco di una voce che sento dentro me, un grido silenzioso, emesso non solo dagli uomini, ma anche da altri esseri viventi, da elementi inanimati, dalla natura stessa dell’umanità.

Dal fondo del terzo millennio arriva l’assordante frastuono di un motore, un rumore forte che mi ottunde la mente…la “macchina” prende l’abbrivio per partire, ma viene quasi immediatamente arrestata da un ostacolo che si trova dietro la macchina stessa e che, in virtù di questa posizione, quasi si rende testimone di un’impossibilità che è all’origine del complesso meccanico.

La macchina si “ostina” nella reiterazione della stessa operazione.

Mi guardo intorno, i miei occhi cercano di comprendere chi possa aver dato l’avvio a quella macchina, ma non vedo altre ombre oltre la mia. L’idea che non ci sia nessuno a manovrare quel dispositivo mi incute una certa angoscia perché, improvvisamente, sento che quella macchina, nella quale dovrei ravvisare una traccia di umanità, in realtà, è completamente altro da me.

Ho l’impulso di fuggire, allontanarmi, liberarmi… ma la sua patologia investe, ormai, anche me.

Il battito del mio cuore comincia ad accelerarsi, alimentato dalla paura, accompagnato dall’idea che davanti a me ci sia qualcosa che non riesce a sentirlo, questo battito, che non sa che io esisto, non sa neanche che essa stessa esiste.

Mi viene subito in mente che una macchina non è auto-cosciente, di conseguenza non può auto-governarsi; non è in grado di pensare, di sentire ed elaborare le mie stesse emozioni. È un sentimento ambivalente quello che provo, l’istinto è quello di fuggire, la necessità è, invece, restare.

In ogni caso sento di non potermi sottrarre alla presa del grande automa bendato perché esso è presente, con differenti sembianze in ogni aspetto della vita del mondo: è sui campi di guerra, nelle strade della città, negli spazi lavorativi, nella mia casa, sulla mia scrivania, nelle tasche dei miei vestiti, è nello schermo della tv, tra i giochi dei bambini. È presente sul corpo e nel corpo; la sua presenza invasiva e totalizzante opera uno svilimento della vita stessa: entra in essa e la trattiene, la imbriglia, la paralizza, la modifica, la costringe a mutare le proprie condizioni e abitudini.

Ma la vita non è soltanto schiacciata dalla macchina; esiste, ad opera dell’uomo, un particolare tipo di macchina in grado, addirittura, di distruggere la vita: è la macchina da guerra, la più mostruosa delle invenzioni umane, simbolo di un’ambizione spregevole, ancora viva negli animi degli uomini contemporanei.

Quand’ero bambina pensavo che la guerra fosse una cosa lontana da me sia nel tempo sia nello spazio. Avevo l’ingenua convinzione che essa fosse un argomento così passato da studiarlo nei libri per questa ragione. Crescere ha significato anche apprendere l’amara verità che, in realtà, la guerra è presente, anche quando è assente; non importa dove si svolga una guerra, quanto lontana essa si da me, perché io la sento, sento la sua ingiustizia.

La guerra non la capisco, anche se me la spiegano, non la capisco.

Improvvisamente mi viene voglia di vestire nuovamente i miei panni di bambina per dar vita ad un sogno, magari attraverso uno di quegli innumerevoli disegni che facevo da piccola. Disegnerei un’enorme macchina da guerra, avvolta in tanti lacci e li terrei stretti fino a svegliarmi.

ENGLISH VERSION

30 MARCH – 7 APRIL

GIULIO DELVÈ

OPENING SUNDAY 30 MARCH 6.00 p.m.

The “Tumbleweed” series (tumbleweed is a term used in military radio communications to request information about an on-going situation) is the first mature work by Giulio Delvè. It draws on the artist’s interest for mechanics, complex devices, mechanisms to be studied and replicated, that he assembles himself and that he sometimes uses to artificially reproduce elementary movements and sounds that he is not capable of making naturally. For Giulio Delvè the “machine” has still got an analogical soul, simple and complex at the same time. Therefore the need to understand, to react to the destructive power of high technology is expressed in a straightforward manner: powerful war equipment become embalmed silhouettes, immobilized by a simple gauze that prevents them from moving and bandages their memory. The video – Untitled (Tumbleweed series), 2007 – reveals the powerlessness, the foolishness of technique at the service of war; the repetitive groan of a maniac bridled in a strait jacket.

The text written by Flora Visca for the exhibition analyses what could be defined as the man’s state of mind after the appearance of the powerful technology. A first-person analysis of the ethical implications of “machine” and its iniquitous use.

NO SHADOW BUT MINE by FLORA VISCA

Tumbleweed is the echo of a voice that I hear inside of me, a silent cry let out not only by men, but also by other living beings, by inanimate elements, by the very nature of humanity.

From the bottom of the third millennium there comes the deafening noise of an engine, a strong noise that blunts my mind....the “car” gathers way to start, but it is almost immediately stopped by an obstacle that is located just behind the car itself and that becomes, for the position it occupies, the witness of the impossibility that lies at the origin of the mechanical device.

The car reiterates the same operation over and over again with obstinacy.

I look around, my eyes trying to understand who started the car, but I see no other shadow but mine. The idea that nobody is controlling that device gives me anguish because I suddenly feel that the car, in which I should spot some trace of humanity, is instead completely alien to me.

I impulsively want to run away, go far, free myself.... but I am affected by the same pathology of the car by now.

My heart starts to beat faster because I am scared, because of the idea that in front of me there is something that cannot hear that beat, that doesn’t know I exist, doesn’t even know it itself exists.

It suddenly comes to my mind that cars are not self-conscious, and as a consequence

they can’t drive themselves; they cannot think, nor feel the emotions I feel. I have mixed feelings...on one side I want to run away, on the other I feel the need to stay.

In any case I feel I can’t escape the grip of the big blindfold automaton because it is present, under different guises, in every aspect of life: on the war fields, on the city streets, in the workspaces, in my home, on my desk, in the pockets of my clothes, on the tv screen, in children’s games. It is on the body and inside the body; its invasive and all-absorbing presence debases life: it penetrates it and holds it, it bridles it, paralyzes it, modifies it, and forces it to change its habits.

But machines do not just crush life; man, in fact has created a particular type of machine that can even destroy life: the war machine, the most hideous of human inventions, the symbol of a despicable ambition, still alive in the heart of the contemporary man.

When I was a child I thought that war was something far from me both in time and space; I naively believed it was something that belonged to the past and in fact you study it at school. Growing up I had to face the bitter truth that war is present also where it is not present; no matter where a war is taking place, or how far it is from where I am, I still feel it, I feel its injustice.

I do not understand war, even if they explain it to me, I just do not understand it.

It makes me want to go back to when I was a child, and bring a dream to life, maybe through one of many drawings I used to make at that time. I would draw a huge war machine, wrapped in a lot of laces, and I would hold them tight until I wake up.

ROOM 1 / LUCA MATTEI - CARLOTTA SENNATO 16 - 24 marzo


16 – 24 marzo

Luca Mattei / Carlotta Sennato

OPENING DOMENICA 16 MARZO ORE 18.00

La ricerca artistica di Luca Mattei e Carlotta Sennato avviene separatamente, ma alle volte segue un tragitto comune che, come in questo caso, porta a dedicare la loro attenzione ad una realtà appartata, isolata, un mondo circoscritto con le sue regole e le sue leggi. L’installazione – Senza titolo, 2008 – è un’opera il cui punto di partenza, soprattutto intellettuale, è la fotografia. La fotografia quale attitudine e strumento a disposizione della narrazione, così come il video, altra forma di racconto che spesso ricorre nel lavoro dei due artisti. Raccontare del piccione viaggiatore, dove vive, da dove parte, racchiude in sé infinite possibilità d’interpretazione, di metafora, di altri possibili scenari. Un’analisi delicata ma al contempo intensa che pare descrivere la storia personale dei singoli protagonisti, dando ad ognuno di loro la possibilità di essere per una volta unici, di distinguersi dalla massa.

Questo lo spunto da cui ha preso forma il testo di Marina Vagnoni, Ogni volta che torno, che accompagna la mostra. La giovane studentessa di filosofia ci lascia immaginare un mondo di relazioni complesso, paragonabile a quello umano, che prende vita nello spazio ridotto delle cellette di una piccionaia, sul terrazzo di una metropoli.

OGNI VOLTA CHE TORNO di MARINA VAGNONI

Ogni volta che torno, e da lontano vedo quel tetto pieno di buchi che si avvicina, ho la sensazione di entrare in un ricamo. Mi ci avvento dentro, e respiro gli odori.

Gli altri mi aspettano: mi hanno avvistato già da un certo tempo, e si rilanciano strombazzando la notizia della mia venuta.

O anche non mi aspettano: qualcuno ha occupato il mio angolo, e devo vagare per un bel po’ elemosinando asilo, finchè uno mosso a pietà non si decide a farmi posto accanto a sé.

Certo ne siamo proprio tanti! Ma tanti davvero. A volte la terra pare che si muova per il calpestìo dei nostri piedi. A volte quasi mi spavento nel vedere una forma simile alla mia, troppo simile, quasi mi vedessi in uno specchio.

L’ultima volta non volevo proprio partire: raramente a casa si era respirata un’aria così distesa, calorosa. Sarà che molti erano in viaggio, e di spazio ce n’era tanto. Si canticchiavano vecchie strofe, dalle frasi oscure: cieli che si chiudono, ricami e tele, caldo, gelo.

Ho raccolto minuscoli fiori da sistemare in un angolino del mio cubicolo, e altre piccole cose per chi si mostrerà tanto pietoso da farmi posto, dopo, nel caso non dovesse più essercene per me.

Mi riempio gli occhi di immagini e mi impregno di odori, da offrire in dono a chi mi avrà aspettato.

Stavo pensando a come potrebbe il cielo chiudersi davvero. Che da qualche parte possa sbucare un telo, e coprire tutto? Che possa ricoprire il mio buco così da impedirmi di uscirne mai più?

Il che forse non sarebbe tanto male: passare tutto il resto del tempo a canticchiare, punzecchiarsi, dormire, godere, annoiarsi, senza più la seccatura di dover raccogliere gli stracci di tanto in tanto e partire.

Non dover mai più lasciare la tana, il suo calore accogliente…

Strana figurazione. Non l’avevo mai pensato. Allettante, però.

Dormire, e poi dormire…

Ma che pensieri stupidi. Chi sarebbe mai tanto grande da poter ricoprire il cielo con un telone? Da poter chiudere tutti i buchi del mio tetto ricamato? Forse Lui, il Grande, che tutto dà e tutto toglie? Lui potrebbe, sì. E lo farebbe, anche.

Questo sole di stamattina è una gioia. Vorrei raggiungerlo solo per confessargli il mio amore.

Però, mentre ti fa ardere così, mentre ti sfiora e ti riscalda e ti rimescola, pian piano diventa lui stesso ardente come brace, e sembra che ti arrostisca, che voglia farsi forte delle tue ceneri.

E qualcuno dice che la griglia sia il destino naturale di tutti noi. Sarà vero? Mah…Farà male? Chissà...

Se penso a tutta la distanza che ora mi separa da casa. Alla fatica immane che dovrò fare per ricolmarla. Alla spossatezza di tutto il corpo quando la meta è ormai vicina, ma non tanto ancora da poterla vedere, ed è solo un sentore.

Quando lei comincia a chiamare da lontano, il vento che mi scorre addosso mi dà slancio invece di frenarmi;

e l’aria diversa, gli odori sconosciuti, i suoni variegati e misteriosi che arrivano ogni tanto non danno più la stessa fascinazione di prima. Sentirsi estranei e soli va bene, ma non per troppo tempo.

Comunque, so che lo sforzo che faccio lo sentirò tutto, e lo pagherò tutto, proprio quando comincerò a sentirla l’aria di casa.

E lo pagherò ancora più caro se non potrò trovare libero il mio cantuccio.

E se nessuno volesse più farmi posto, allora sì che sarà dura...

Mi viene da pensare che, se riuscirò a rientrare nel mio buco, non ne uscirò mai più.

Forse è quello che voglio, per giunta.

Ho una tale voglia di dormire…

Ho un tale desiderio di arrivare, che se anche la condizione fosse questa, non esiterei ad accettare; ora che temo che l’aria non mi sostenga abbastanza fino alla fine, non ho il minimo dubbio.

E anche se sembra una cosa senza senso, non so se vedo un ricamo o una tela.

Ascolto le voci.


ENGLISH VERSION

16 – 24 MARCH

LUCA MATTEI / CARLOTTA SENNATO


OPENING SUNDAY 16th of MARCH 6.00 p.m.

Luca Mattei and Carlotta Sennato developed their artistic research separately. Sometimes, though, a common thread is found, which pushes towards focusing on secluded, isolated reality, like a sealed-off world with its rules and laws. The installation – Untitled, 2008 – is a work whose starting point is photography. Photography as an aptitude and a tool at the service of narration. Narrating about homing pigeons - where they live, where they depart from, lends itself to countless interpretations, metaphors, and other possible scenarios. A deep but delicate analysis that seems to trace the personal history of the main characters, offering them the chance to be unique for once and to stand out of the crowd.

This is the starting point for Marina Vagnoni’s text, Everytime I come back, which presents exhibition. This young philosophy senior year student helps us to imagine a complex world of relationships, similar to the human’s: a world that comes to life in a small pidgeon-house cells’space placed on an urban terrace.

FOUR ROOMS 16 marzo - 5 maggio 2008



Four rooms è un unico progetto curatoriale di Gigiotto Del Vecchio e Stefania Palumbo che si divide in quattro mostre diverse in cui cinque artisti inediti – Luca Mattei, Carlotta Sennato, Giulio Delvè, Corrado Folinea e Celesta Bufanohanno l’opportunità di esporre per dieci giorni nella project room del museo Madre. Una mostra di gruppo in quattro tempi che dà la possibilità a giovani artisti napoletani di presentare la propria ricerca in un contesto pubblico e di confrontarsi con l’esperienza museale. Uno studio sul territorio che tenta di delineare le nuove possibilità che l’arte contemporanea ha di raccontarsi attraverso le poetiche dei diversi artisti e che tenta di aprire l’arte stessa a nuove letture.

Le quattro mostre sono affiancate da altrettanti testi, scritti da Marina Vagnoni, Flora Visca, Christian Carrozza e Fortuna Del Prete, studenti della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”, scelti dalla professoressa Rossella Bonito Oliva, ai quali è stato chiesto di confrontarsi con l’esperienza dei singoli artisti e di sviluppare la loro personale visione a riguardo, rappresentando un punto di vista nuovo e originale, l’opportunità per confrontare e avvicinare due diversi linguaggi culturali.

ENGLISH VERSION

FOUR ROOMS

Curated by Gigiotto Del Vecchio and Stefania Palumbo

Four rooms is a curatorship project by Gigiotto Del Vecchio e Stefania Palumbo organized into four exhibitions in which five unestablished artists – Luca Mattei, Carlotta Sennato, Giulio Delvè, Corrado Folinea e Celesta Bufano – have the opportunity to display their works for ten days in the project room of the Madre Museum. It is a group show in four stages in which young Neapolitan artists can present their research in a public context and at the same time be confronted with the experience of exposing in a museum. The project also aims at assessing the contribution of different artists’ poetics to contemporary art, as well as opening art to new interpretations. The exhibitions will be accompanied by four texts, written by Marina Vagnoni, Flora Visca, Christian Carrozza e Fortuna Del Prete, students at the University of Naples “L’Orientale”. The students, selected by professor Rossella Bonito Oliva, were asked to look into the works of the five artists and to provide their opinion about them, with the result of having fresh points of view on one hand, and on the other the possibility to make a parallel between two such different cultural languages.

Calendario FOUR ROOMS

16 - 24/03 2008 Luca Mattei /Carlotta Sennato

con testo di Marina Vagnoni

30/03 - 7/04 2008 Giulio Delvè

con testo di Flora Visca

13 - 21/04 2008 Corrado Folinea

con testo di Christian Carrozza


27/04 - 5/05 2008 Celesta Bufano

con testo di Fortuna Del Prete


N.EST 2.0 The making of the city/Disegna la tua città - Il secondo progetto della Project Room del MADRE


A partire dal 13 gennaio 2007 il Madre ospita nella Project Room N.EST con N.EST 2.0 The making of the city - Disegna la tua città, il secondo progetto a cura di Gigiotto Del Vecchio e Stefania Palumbo, che ha l’obiettivo di documentare le trasformazioni urbane attraverso l’arte, la creatività ed i nuovi media.

Dal 13 gennaio al 25 febbraio 2008 lo spazio sito nel cortile interno del museo sarà “abitato” per sette settimane da N.EST, un’opera in forma di database on-line curata e diretta da Danilo Capasso e Giovanni Ferrarelli con Massimiliano Rianna e Diana Marrone, che prende il nome dalla zona orientale della città di Napoli di cui si occupa dal 2004. Il progetto si pone l’obiettivo di testimoniare le trasformazioni e disegnare proposte di rigenerazione urbana attraverso lo sguardo e la riflessione di artisti, architetti e creativi di ogni nazionalità, chiamati a pensare opere e progetti site specific, attraverso una mappa dei luoghi a cui si riferiscono o dai quali traggono ispirazione.

Liberamente accessibile in rete all'indirizzo www.napoliest.it, N.EST scava nelle pieghe della rappresentazione di un territorio reale, la periferia orientale di Napoli, con l’intento di renderla una tavola di progetto condivisa da altri artisti, architetti, urbanisti, cittadini e portatori di interesse.

In occasione di N.EST 2.0 - Disegna la tua città, intesa come una vera e propria performance collettiva e progettuale, gli spazi della Project Room saranno attrezzati come un vero e proprio studio di produzione e saranno meta di workshop e incontri settimanali. N.EST 2.0 si sviluppa in tre parti, tutte ugualmente importanti e tese a divenire intime con il territorio oggetto dell’artwork e la dimensione progettuale che lo anima anche nella realtà: Work/progetta, Walk/partecipa, Talk/documenta.

La project room, cuore di Work, ed i suoi spazi esterni si configurano come uno studio/laboratorio e display di contenuti sempre attivo e sempre diverso. I membri del progetto lo useranno day by day per l’organizzazione e lo svolgimento delle attività programmate negli orari di apertura del museo, tra cui tre laboratori settimanali aperti alla partecipazione del pubblico su presentazione di un progetto e prenotazione (mercoledì, giovedì, venerdì ore 14/20, callx@napoliest.it).

Walk è una serie di 5 visite guidate che viene organizzata e condotta dagli artisti di N.EST nel territorio compreso tra Gianturco, Barra, San Giovanni, Ponticelli. Con un percorso scelto e commentato dagli artisti, introdotto in italiano ed inglese, Walk vuole creare, insieme al pubblico, una mitologia della zona EST.

Le visite partiranno dal museo Madre tutti i sabati dal 19 gennaio, alle 12.00 con un bus CitySightSeeing. Per prenotare scrivere a walk@napoliest.org.

Talk, 6 conferenze domenicali di approfondimento, con ospiti di rilievo internazionale che si recheranno a Napoli per studiare il suo EST, al fine di restituirne una o più visioni progettuali e condividere con il pubblico le attività svolte nella città europee di appartenenza. Il 20 gennaio uno dei principali curatori indipendenti italiani di arte pubblica, Bartolomeo Pietromarchi, si confronta con Tobias Zielony, artista e fotografo tedesco, sui luoghi di confine e sul ritratto in rapporto all’estetica urbana. Il 27 gennaio il collettivo internazionale Inward, animato dalla associazione campana Arteteca, si occuperà di culture urbane a Napoli Est (e terrà uno speciale laboratorio, Writing N.EST, all’interno della project room nei giorni precedenti). Il 3 febbraio due architetti e imprenditori, Federico de Giuli (Torino) e Mariano Pichler (Milano) si confrontano con Napoli Est a partire dalle creazioni di Cluster, luogo-progetto culturale di De Giuli (tra i fondatori di Cliostraat), e di Via Ventura ad Est o della nuova Chelsea milanese ad Ovest (in costruzione a Via Farini). Il 10 febbraio la curatrice tedesca Mjriam Strupperk ed i media architect berlinesi Realities United importano la pratica degli schermi urbani e delle media facades. Il 17 febbraio, due tra le più importanti riviste mondiali di architettura, arte e interior – l’italiana Domus e l’olandese Volumefanno conoscenza e affrontano, per la prima volta, una riunione di redazione condivisa: protagonista Napoli, presenti i direttori (Flavio Albanese e Lilet Breddels), l’editore olandese Archis e i redattori Christian Ernsten e Massimiliano Marchica. L’ultimo talk ospita Coloco, paesaggisti francesi membri del collettivo Exyzt, protagonista di un’inedita esibizione al padiglione francese alla scorsa Biennale di Architettura (Venezia): si concentreranno sull’utilizzo creativo di vuoti urbani.

Sarà possibile partecipare al progetto rispondendo alla call for entries oppure iscrivendosi ai diversi workshop

visitando il sito www.napoliest.it oppure scrivendo direttamente a callx@napoliest.it.

N.EST - Nei suoi quattro anni di attività, N.EST ha partecipato a mostre ed eventi di rilevanza internazionale, quali la Biennale di Venezia (Sensi Contemporanei, 2004, Mostra collettiva Incursione Vesuviana, a cura di Gigiotto Del Vecchio), Fabbrica Europa ( Firenze, 2005). Ha partecipato al Festival della Creatività (Firenze2007) sostenuto dalla Regione Toscana dove ha esibito in anteprima la nuova sezione N.ESTube. Ha partecipato agli Annali dell'Architettura, nella sezione " 20.07 in Forum Versus"in mostra al Palazzo Reale di Napoli.

Tra i premi ricevuti, Palinsesto Italia (Bologna, 2005), e la conseguente ospitalità al COM.PA 2006 (Roma) con uno stand dedicato (Salone nazionale dedicato alla comunicazione della Pubblica Amministrazione). N.EST è anche finalista alla ottava edizione del Festival Internazionale Videopolis con il documentario " 24 a Napoli Est".

N.EST ha partecipato a diverse conferenze di settore (Media and Urban Space, Bauhaus Universitaat, Weimar, Germania, Novembre, 2006; Università di Architettura di Napoli, Giornata nazionale dell'Istituto Nazionale di Urbanisitica 2005 e 2006) o live media event (come l'ultimo Dancing with Domus , invitato dalla prestigiosa rivista Domus in occasione della presentazione della nuova linea editoriale nel maggio 2007). Articoli sono stati pubblicati su Cluster, Il Sole 24 Ore/Nova, RaiTV e Radio.

ENGLISH VERSION

Starting 13 January 2007 the MADRE is hosting N.EST with N.EST 2.0 The making of the city - Disegna la tua città in its Project Room. This is a project whose objective is to document urban transformations through art, creativity and the new media, curated by Gigiotto Del Vecchio and Stefania Palumbo.

From 13 January to February 25, 2008, the space located in the museum’s inner courtyard will be occupied for seven weeks by N.EST, a work in the form of an online database edited and directed by Danilo Capasso and Giovanni Ferrarelli with Massimiliano Rianna and Diana Marrone, which takes its name from the Eastern Zone of Naples which it has been actively dealing with since 2004. The project has the objective of recording the transformations and drafting proposals for urban regeneration through the eyes and observations of artists, architects and creatives of all nationalities, called on to devise works and site specific projects through a map of the places which they refer to or from which they derive inspiration.

Freely accessible online at the address www.napoliest.it, N.EST delves into the recesses of the representation of a real territory, the eastern periphery of Naples, with the aim of rendering it a project scheme shared with other artists, architects, urban planners, citizens and stakeholder.

On the occasion of N.EST 2.0 – Design Your City, understood as a true collective and projectual performance, the spaces of the Project Room will be equipped as a true studio/workshop, always active for the presentation of contents.

The members of the project will use it day by day for the organization and performance of the planned activities during the museum’s opening hours. It is a simple and convivial space, where project and its objectives can be related to the public of observers and active participants, who will be able to stop and compare their ideas with those of the artists or to be in their turn the source of ideas for them.

On Wednesday, Thursday and Friday, from 2.00pm to 8.00pm starting from the first week and for the whole duration of the exhibition, within the Project Room, together with the artists who are the authors of N.EST, a chosen public of 8 people will be able to participate in the workshopswww.napoliest.it presented in its new version together with N.EST TV on the occasion of the exhibition at the MADRE. on the production of works and site specific projects which will be published on the database and visible both inside the museum and outside it on the website

To participate in the workshops it will be necessary to reply to the public call for entries, using the application form published on www.napoliest.it, which should be forwarded to callx@napoliest.it.

Those who do not wish to take part in the workshops but desire to insert their works and projects, may forward them in read-only format during the exhibition. The continuous assembly and editing of materials for the database will be curated directly by the N.EST artists.
The works of artists and architects will be extended to the territory which is the object of the work, namely Gianturco, Barra, Ponticelli and San Giovanni a Peduccio, through guided toursCitySightSeeing buses every Saturday starting from January 19, leaving at 12.00am from the MADRE. Seats can be booked at walk@napoliest.org.
organized by

In addition, starting from 20 January, every Sunday during the duration of the project, lectures and meetings to explore the relevant topics will be organized with internationally known guest speakers, from the French Exyzt Collective to the architectural reviews Volume Magazine and Domus, the entrepreneurs and collectors Mariano Pichler and Federico De Giuli (responsible for the regeneration of Eastern Milan and Turin), and the INWARD observatory, to mention only a few. They will all visit Naples to study its EASTERN SECTOR, and will present one or more project visions of it and will share with the public the activities carried out in the cities they represent. The talks will be held in the church of Donnaregina from the 6.00pm to 8.00pm.

N.EST - In its four years of activity, N.EST has taken part in exhibitions and events of international importance, such as the Venice Biennale (Sensi Contemporanei, 2004, the collective exhibition Incursione Vesuviana, curated by Gigiotto Del Vecchio), Fabbrica Europa (Florence, 2005). It participated in the Festival della Creatività (Florence 2007), supported by the Tuscan Regional Authority, where it premiered the new N. ESTube section. It participated in the Annali dell'Architettura, in the section "20.07 in Forum Versus" on display at the Royal Palace in Naples.
Awards received include Palinsesto Italia (Bologna, 2005); was consequently a guest at the
COM.PA 2006 (Rome) with a dedicated stand (National Fair devoted to the communication of the Public Administration). N.EST was also a finalist in the eighth edition of the Festival Internazionale Videopolis with the documentary "24 a Napoli Est."
N.EST
has participated at various conferences in the sector (Media and Urban Space, Bauhaus Universitaat, Weimar, Germania, November, 2006; Università di Architettura di Napoli, Giornata nazionale dell'Istituto Nazionale di Urbanisitica 2005 and 2006) and live media events (such as the most recent Dancing with Domus, as a guest of the prestigious e review Domus on the occasion of the presentation of its new line of publications in May 2007).
Articles have been published in Cluster, Il Sole 24 Ore/Nova, RaiTV e Radio.